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L’immagine di Márquez, sorridente e vestito di rosso Ducati accanto a Dall’Igna nel box del team ufficiale, rappresenta oggi la realizzazione di un sogno per entrambi. Dall’Igna, direttore di Ducati Corse, ha sempre ambito a lavorare con i migliori piloti, come dimostrato dall’ingaggio multimilionario di Jorge Lorenzo nel 2017 e, più recentemente, dall’arrivo di Marc Márquez. Ma dietro le quinte, c’è stata un’altra trattativa altrettanto significativa che avrebbe potuto cambiare la storia recente della MotoGP.
Nel 2023, Honda si trovava in una crisi tecnica senza precedenti. Il ritorno di Márquez in piena forma dopo anni di difficoltà fisiche non era bastato a riportare competitività al progetto HRC. Il "nuovo concetto" di moto sviluppato in assenza dello spagnolo si era rivelato un fallimento. La frustrazione di Márquez raggiunse il culmine al GP di Germania, dove cinque cadute in un weekend lo portarono a chiedere pubblicamente sforzi straordinari da parte di Honda per colmare il gap tecnico.
Di fronte alla prospettiva di perdere il proprio pilota simbolo, sei volte campione del mondo MotoGP e principale motivo dell’investimento del colosso petrolifero Repsol, Honda prese una decisione senza precedenti: avviare trattative con Luigi «Gigi» Dall’Igna, l’uomo che aveva trasformato Ducati da squadra in difficoltà a dominatrice indiscussa della categoria.
Dall’Igna rappresentava per Honda la figura ideale: l’ingegnere capace di ricostruire un progetto tecnico dalle fondamenta e portarlo ai vertici. Sotto la sua guida, Ducati aveva vinto il titolo piloti nel 2022 con Pecco Bagnaia e dominato il campionato costruttori. Inoltre, aveva dimostrato di saper gestire piloti di grande calibro e personalità, come Jorge Lorenzo e lo stesso Márquez.
La sfida, per un uomo come Dall’Igna, abituato a spingersi oltre i limiti, era affascinante: replicare il processo che aveva portato Ducati al successo, questa volta con Honda, una squadra che, nonostante le enormi risorse, si trovava in stagnazione tecnica.
Al centro delle negoziazioni c’erano richieste precise. In primo luogo, il totale controllo tecnico e organizzativo sul progetto MotoGP, comprese decisioni su moto, strategie e personale, giapponesi inclusi. Inoltre, Dall’Igna voleva garantita la possibilità di supervisionare direttamente il lavoro in Giappone, con visite regolari.
Dal punto di vista finanziario, l’aspetto economico non rappresentava un ostacolo insormontabile. Addirittura Márquez si offrì di rivedere il proprio contratto multimilionario per liberare risorse utili all’ingaggio di Dall’Igna. "Pagatemi il minimo, se serve per convincere Gigi a venire da noi", avrebbe detto Márquez, dimostrando quanto credesse nel valore aggiunto che l’ingegnere italiano avrebbe potuto portare.
Nonostante il forte interesse reciproco, le trattative tra Dall’Igna e Honda non portarono a un accordo. Tra i motivi del mancato trasferimento si ipotizzano:
Il mancato accordo ebbe conseguenze significative. Márquez decise di lasciare Honda per Ducati, e Repsol interruppe una partnership trentennale con HRC.
Se Dall’Igna fosse passato a Honda, la storia della MotoGP avrebbe preso una piega completamente diversa. Eppure, vedendo oggi Márquez e Dall’Igna fianco a fianco nel box Ducati, si ha la sensazione che il destino abbia comunque trovato un modo per unire questi due giganti della MotoGP, anche se con un percorso diverso da quello immaginato inizialmente.
L’eredità di queste trattative fallite si riflette in una Honda che, pur aprendosi a nuove collaborazioni tecniche come quella con Romano Albesiano, continua a inseguire il successo. Ma questa è un’altra storia, che verrà raccontata a tempo debito.
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