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Marc Marquez ha innescato una situazione mai vista prima in MotoGP, sfruttando a suo vantaggio un regolamento complesso. Ma il vero sconfitto è stato lo sport: milioni di fan sono rimasti confusi davanti agli schermi.
Il direttore di gara Mike Webb ha dichiarato: «Un nuovo start era la soluzione più sicura per affrontare la situazione inedita alla partenza del Gran Premio». La scena sulla griglia di partenza, avvolta dalla foschia, ha colto di sorpresa gli ufficiali della MotoGP, portandoli a una reazione simile a una frenata d’emergenza improvvisa: una "Austin-Vollbremsung".
Da un lato, la scelta della direzione gara è comprensibile: mai prima d’ora in MotoGP si era visto quasi metà schieramento (9 piloti su 22) abbandonare contemporaneamente la griglia per rientrare in pit lane. Dall’altro, il regolamento MotoGP stabilisce con chiarezza che se più di 10 piloti lasciano la griglia dopo il giro di riscaldamento, il via deve essere annullato e riprogrammato. Se invece sono meno di 10, i piloti devono partire dalla pit lane con una penalità di passaggio obbligato.
Fattualmente, tre minuti prima dell’orario ufficiale di partenza, furono solo 9 i piloti a lasciare la griglia. Quindi, secondo il regolamento, il via doveva essere regolare. La vera domanda è: perché il GP è stato interrotto? La risposta ufficiale è stata la sicurezza, per evitare un possibile incidente di massa in pit lane. Tuttavia, questa resta una valutazione soggettiva, poiché un simile scenario non era mai stato testato e non può essere previsto con certezza.
Dare la colpa a Marc Marquez è inutile. Lo spagnolo ha semplicemente sfruttato il regolamento nel miglior modo possibile per sé stesso. Il vero problema è che nessuno ha capito cosa stesse succedendo. Gli spettatori, i giornalisti e persino i fan presenti sul circuito hanno assistito a un caos regolamentare senza precedenti.
L’incidente di Austin è l’emblema della sovra-regolamentazione in MotoGP. Ma cosa sarebbe successo se la regola sul cambio moto non esistesse? I piloti avrebbero corso con la moto con cui si erano schierati, regalando uno spettacolo unico, reso imprevedibile dalle condizioni meteo. Forse un outsider avrebbe vinto, forse un veterano avrebbe fatto la scelta giusta. Ma di certo il pubblico si sarebbe goduto una gara entusiasmante invece di una confusa "farsa regolamentare".
Un mio collega una volta si è schiantato su una pista inglese mentre guidava una Yamaha GP a due tempi con gomme slick su una traiettoria "quasi asciutta". Un commissario di pista gli si avvicinò e gli disse: «Mate, you live – and you learn».
Lo stesso vale per la direzione gara della MotoGP: serve una revisione delle regole, più trasparenza e meno burocrazia. Le gare dovrebbero decidersi in pista, non nelle pieghe di un regolamento che nemmeno gli addetti ai lavori sembrano comprendere del tutto. Per il bene dello sport e dello spettacolo, meno regole e più azione sarebbero la soluzione ideale.
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